Vikram Agarwal (COO di Danone): pianificare, produrre, approvvigionare e consegnare

28 mag 2025
Agarwal preferisce pensare in maniera innovativa per creare un maggiore valore commerciale

ANALISI APPROFONDITA
Di Radu Palamariu e Knut Alicke

From source to sold, stories of leadership in supply chain comprende una serie di interviste a leader del settore in cui Radu Palamariu e Knut Alicke esaminano diverse aziende, stili di leadership ed esperienze reali nell’ambito della supply chain. Ogni capitolo è dedicato a un professionista che ha contribuito a far muovere il mondo promuovendo nuove idee, risolvendo problematiche e lavorando in team.

Vikram Agarwal, COO di Danone VIKRAM AGARWAL
COO di Danone, dirige le operazioni end-to-end della supply chain dell’azienda dalla sede centrale di Parigi. Con più di trent’anni di esperienza, ha ricoperto diversi ruoli dirigenziali per varie aziende in Asia, Europa e Africa, tra cui Unilever ─dove è rimasto trent’anni─ Avon e Dole.

Vikram Agarwal ha iniziato la sua esperienza di leadership nella supply chain nel 1997, quando è stato nominato direttore di fabbrica. Poiché una fabbrica è il punto zero della supply chain estesa e la sua salute influisce sulla salute del resto dell'azienda, Agarwal afferma che questa sfida iniziale lo ha aiutato a diventare il leader che è oggi.

“La svolta successiva nella mia carriera è arrivata quando ho assunto il ruolo di vicepresidente degli acquisti di Asia e Africa presso Unilever”, ricorda. “Se come direttore di fabbrica ero già abituato a trattare con le persone in un ambiente controllato e strutturato, la mia posizione nell'ufficio acquisti mi ha dato la possibilità di conoscere il mondo esterno”.

Dobbiamo cercare costantemente una situazione win-win che permetta una crescita strategica per entrambe le parti, che favorisca una relazione a lungo termine e che allo stesso tempo ci mantenga competitivi

“L'approvvigionamento consiste nel trattare con fornitori i cui interessi commerciali, almeno in teoria, sono in conflitto con i nostri”, commenta Agarwal. “Dobbiamo cercare costantemente una situazione win-win che permetta una crescita strategica per entrambe le parti, che favorisca una relazione a lungo termine e che allo stesso tempo ci mantenga competitivi. Questa è una competenza che tutti i leader della supply chain dovrebbero acquisire”.

Quando Agarwal ha lasciato Unilever per diventare direttore della supply chain di Avon, ha dovuto adattarsi a gestire in modo diverso le metriche finanziarie in un'azienda dieci volte più piccola rispetto alla precedente. “In Avon, la liquidità doveva essere gestita da ogni leader della supply chain attraverso il capitale circolante e gli investimenti di capitale, che richiedevano un'attenzione costante”.

Semplicità di fronte alle sfide complicate

Dopo decenni di esperienza in prima linea nella supply chain, Agarwal riassume gli elementi essenziali per fare business in tre punti: crescita dei ricavi, redditività e liquidità. “Dobbiamo continuamente unire le nostre azioni a questi imperativi”, dichiara.

È fondamentale spiegare la supply chain in termini commerciali ai colleghi dell'azienda e ai membri del consiglio di amministrazione. “Spesso utilizziamo il nostro gergo e i nostri indicatori chiave senza chiarire il loro significato per l'azienda”, avverte l'esperto. Pertanto, Agarwal divide le operazioni in quattro attività principali: “pianificare, produrre, acquistare e consegnare”. “Inizia con la consegna al cliente, poi pianifica a ritroso la produzione e infine si procura il flusso di materiali”.

La visita alla fabbrica inizia nel magazzino

Agarwal ritiene che le fabbriche siano un riflesso della salute del resto della supply chain. “Quando vado a visitarle, di solito parto dal loro magazzino di materie prime e materiali di imballaggio, che mi dà un'idea della vicinanza dei fornitori e dei componenti importati. Allo stesso modo, le assegnazioni settimanali di camion sono un indicatore della domanda dei clienti e delle tendenze di distribuzione”.

“Classifico le fabbriche in due categorie”, continua Agarwal, “quelle ‘pensanti’ e quelle ‘meccaniche'. Una fabbrica ‘pensante’ implementa soluzioni creative fisiche e visibili che non hanno bisogno di essere presentate in PowerPoint. In una fabbrica ‘meccanica’, invece, gli operatori si limitano a supervisionare il corretto funzionamento delle macchine. Ciò che le distingue è la motivazione dei lavoratori e una leadership efficace”.

Resilienza della supply chain

Vikram Agarwal è entrato in Danone all’inizio del 2022, mentre l'azienda era alle prese con le conseguenze della pandemia nelle sue supply chain. “Il mio team ha dovuto diventare più resiliente in tutte le nostre operazioni”, manifesta Agarwal, secondo cui la previsione del rischio è diventata fondamentale nell'era post-COVID.

“Costruire la resilienza ampliando la base della supply chain è fondamentale per sostenere le operazioni”, sostiene il COO di Danone, secondo cui le società dovrebbero smettere di considerare la catena di approvvigionamento come un'entità separata e iniziare a vederla come un pezzo del puzzle aziendale.

Sviluppare la resilienza ampliando la base della supply chain è la chiave per sostenere le operazioni”, sostiene il COO di Danone

Risolvere problemi operativi ha sempre fatto parte del lavoro dei leader della supply chain ma, prima della crisi, Agarwal preferiva pensare in modo innovativo per creare un maggior valore commerciale. A titolo di esempio, cita un aneddoto del suo periodo in Unilever. “Quando era responsabile delle vendite per Asia e Africa, alcune ONG hanno manifestato contro le aziende di FMCG ─prodotti di consumo di massa─ che utilizzavano olio di palma nella produzione. In Europa, i consumatori sostenevano che questo settore stava provocando la deforestazione su larga scala e lo sfruttamento sociale, e le entrate hanno iniziato ad essere colpite. Abbiamo deciso di indagare e abbiamo scoperto che c’erano alcune prove circostanziali relazionate a uno dei nostri principali fornitori nel sudest asiatico”.

Questa situazione ha portato l’azienda a smettere di lavorare con questo fornitore, ciò ha creato un effetto cascata e la supply chain di uno dei prodotti più richiesti al mondo, l’olio di palma, è diventato instabile. “Siamo rimasti senza stock. Abbiamo dovuto lavorare pazientemente con gli enti del settore dell’olio di palma, i produttori autonomi, le ONG, i governi, i mass media, anche una nuova normativa e le nostri controparti per risolvere la situazione senza rinunciare al nostro impegno per la sostenibilità”, ricorda Agarwal. “È stato necessario un anno di lavoro intenso per ristabilire la stabilità della supply chain”.

Lo sforzo alla fine è stato ripagato. “Affrontare questa crisi mi ha permesso di conoscere più da vicino l’economia dell’olio di palma. Mi sono reso conto che, come acquirenti, saremmo stati presto sottoposti a pressioni da parte di produttori e raffinatori e che il potere di determinazione dei prezzi era limitato a causa del movimento contro l'olio di palma. Ci stavamo dirigendo verso una compressione dei margini”.

Pianificare soluzioni innovative

Dopo una lunga riflessione, l'ex responsabile degli acquisti di Unilever ha deciso che l'azienda avrebbe dovuto creare una propria struttura per garantire la tracciabilità dell'olio di palma certificato sostenibile fin dall'origine della supply chain. È stato difficile raggiungere un accordo a livello interno perché l’azienda aveva smesso di investire in prodotti non essenziali.

“Ci hanno permesso di realizzarla, ma con condizioni rigorose. Dovevamo raggiungere un approvvigionamento sostenibile e ricevere incentivi dal governo indonesiano. Ci sono voluti tre anni per negoziarli, stabilire le forniture e costruire una grande industria oleochimica”, sottolinea Agarwal. “Alla fine, ci siamo riusciti e, negli ultimi cinque anni, questa installazione ha creato un grande valore per l’azienda”.

L’esperto cerca persone con un atteggiamento positivo ma che non siano avventate

Un'altra occasione in cui le sue decisioni hanno fatto la differenza è stata quando, ancora alla Unilever, è stato informato del progetto di abbandonare una piantagione di tè in Africa orientale. “La decisione era già stata presa a causa della non fattibilità finanziaria e delle pressioni di alcune ONG europee”, spiega.

Tuttavia, quando Agarwal ha visitato il sito, ha trovato un'attività produttiva ben organizzata che si estendeva su migliaia di ettari e dava lavoro a quasi 10.000 persone. “La sottoperformance finanziaria era dovuta a inefficienze che potevano essere corrette e l'impatto ambientale poteva essere invertito in meglio con alcuni interventi. L'alternativa era la chiusura, che avrebbe fatto perdere il lavoro a tutte quelle persone”. Inoltre, l'impianto conteneva un'ex riserva forestale con un ecosistema molto delicato. “Ce ne siamo presi cura e l’abbiamo protetta da cacciatori e bracconieri. Se ce ne fossimo andati, sarebbe stata solo una questione di tempo prima che l'area venisse completamente distrutta”.

In seguito, gli sforzi si sono concentrati 'sull’abbandono dell’idea di vendere’. È stato sviluppato un piano di rilancio, sono stati portati in questa remota località alcuni dei migliori esperti al mondo e, infine, è stata realizzata una radicale inversione di tendenza economica. Oggi queste piantagioni sono un bene prezioso per i loro proprietari, ma anche per i Paesi coinvolti nell'operazione”.

Una leadership pratica

In termini di reclutamento, Agarwal sceglie sempre le persone più desiderose di ‘riempire il bicchiere’ che di rassegnarsi a vederlo mezzo pieno. “Cerco persone che abbiano un atteggiamento positivo senza essere avventate perché, quando si lavora nella supply chain è facile dire di no. La fabbrica può aumentare la produzione nel prossimo mese? Questo nuovo prodotto può essere lanciato entro sei mesi? Questo ordine non pianificato può essere consegnato in due giorni?. La risposta abituale a tutte queste domande è di solito ‘no’, quindi spesso rigiro la domanda e chiedo loro cosa ci vorrebbe per dire ‘sì”.

Cerco persone che abbiano un atteggiamento positivo senza essere avventate perché, quando si lavora nella supply chain è facile dire di no

“Per me è importante che la persona con cui lavoro sia in grado di passare dal ‘non si può fare’ al ‘come si può fare?’. Nella supply chain c'è sempre una soluzione, un'alternativa per ottenere un risultato accettabile”.

La qualità successiva che Agarwal cerca è il potenziale di leadership. Nel settore dei beni di largo consumo, il 25-30% della forza lavoro è dedicato alla supply chain, per cui sono fondamentali leader con capacità di comunicazione e in grado di guidare grandi team con una strategia comune. “I dipendenti richiedono che siate ispiratori ed empatici nelle vostre azioni, non solo nei vostri discorsi, e un responsabile della supply chain è molto visibile perché ha molti incontri con terzi sul campo. Le presentazioni in PowerPoint non hanno alcun valore per queste persone: devono percepire la vostra autenticità e le vostre capacità manageriali”.

Agarwal raccomanda anche di “sviluppare l'acume commerciale per affrontare le discussioni aziendali in modo costruttivo”. Alcuni, come quelli relativi alle future tendenze di mercato, possono sembrare estranei alle operazioni, ma influenzano la capacità di pianificazione.

La chiave per essere un buon professionista della supply chain è unire il lato commerciale al flusso dei prodotti. “Nessuno vi ordinerà di aprire una fabbrica o un centro di distribuzione o di migliorare la capacità dei fornitori. Dovrai sviluppare la capacità di individuare la domanda a breve e lungo termine”, conclude Agarwal.

 

Estratto di From source to sold, stories of leadership in supply chain, Radu Palamariu e Knut Alicke Ristampato con l’autorizzazione di Alcott Global. Estratto di From source to sold, stories of leadership in supply chain, Radu Palamariu e Knut Alicke. Copyright Grammar Factory Publishing. Tutti i diritti sono riservati.

 

 

INFORMAZIONI SUGLI AUTORI

Radu Palamariu è il direttore esecutivo del gruppo Alcott Global. Lavora alla ricerca di manager di alto livello, membri dei consigli di amministrazione e persone che occuperanno posizioni di livello (come CEO, CFO e CMO) in aziende della lista Fortune 500 e conglomerati locali in tutti i pilastri della catena del valore, inclusi produzione, logistica, trasporto, gestione della supply chain ed e-commerce.

Knut Alicke è socio di McKinsey & Company, fa parte del suo team direttivo della supply chain globale ed è un visiting professor specializzato in Supply Chain all’Università di Colonia. Dà anche consigli ai clienti su temi relazionati a digital twins, rischio e resilienza, analisi avanzata e trasformazioni della supply chain.